martedì 11 settembre 2012

Cadice

Le onde vengono pazientemente a una a una dall’invisibile est; giungono fino a noi e pazientemente ripartono verso l’ignoto ovest, una a una. Lungo cammino, mai iniziato, mai compiuto… Il rivo e il fiume passano, il mare passa e rimane. Così bisognerebbe amare, fedeli e fuggenti. Io sposo il mare.
Albert Camus - Il mare da più vicino. Giornale di bordo

Tornavo da Jerez della Frontera con un treno vecchio e sbuffante; Jerez sembrava il Messico, e le donne erano vestite di tutti i colori e sorridevano agli sconosciuti senza mai parlarci, restando distanti e intoccabili, piccole dee minori di una terra lontana. Non credevo avrei fatto in tempo, era davvero tardi stando al mio orologio, ma ancora non avevo capito, non c’ero abituato, al fatto che il sole dell’Andalusia non tramonta mai; persino a maggio devi aspettare le nove della sera per vedere il sole sanguigno e grandissimo all’orizzonte, e persino di notte ti sembra che la luce non sia mai andata completamente via. Mi sono messo a correre verso quello che pensavo fosse l’occidente, verso la piccola spiaggia della Caleta, nascosta tra le barche dei pescatori. Le voci delle persone e della città si facevano sempre più sfumate, sentivo un suono chiaro che non si può mai dimenticare né confondere, il suono delle onde sulla sabbia e sugli scogli. Scendo le scale che portano alla spiaggia; ci sono altri, con me: c’è una ragazza dai capelli scuri e gli occhi neri che suona Hotel California su una chitarra mancina, e penso che sia una di quelle situazioni in cui sembra di essere dentro un quadro, qualcosa di organizzato, pensato da qualcuno, qualcosa che sarebbe potuto accadere solo così (grazie, Leibniz). Di solito non apprezzo i tramonti: il tramonto è facile, non è come l’alba, l’alba la devi guadagnare, con qualcuno o (e) completamente solo devi passare la notte per vederla; ma qui siamo sull’oceano, e l’immensa distesa blu, senza fine, riflette la luce sulle cose e sulle persone; tutto cambia. Il sole cala lento, cerco di imprimerlo nella mia testa (è ancora lì, non si muove). Il faro si accende, il vento porta il suono di una tromba e di un clarinetto che suonano insieme una melodia che non riconosco, la ragazza mora si mette un maglione sulle spalle; io aspetto.

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